Intelligenza Artificiale

Gemini 3: La fine del “Chatbot” e l’inizio del Ragionamento Multimodale Nativo

Analisi tecnica della nuova architettura di DeepMind: dal "Deep Think" al paradigma Sparse MoE, ecco perché il confronto con GPT-5 non si gioca più solo sulle parole

Se il 2023 è stato l’anno della scoperta e il 2024 quello dell’integrazione, il 2025 segnerà probabilmente la storia dell’AI come l’anno della convergenza modale.
Con il rilascio di Gemini 3, Google DeepMind non ha semplicemente aggiornato i pesi del suo predecessore; ha ridefinito la topologia stessa di un modello di fondazione.

Dimenticate l’idea di un LLM (Large Language Model) che “vede” le immagini tramite un encoder esterno. Gemini 3 rappresenta il culmine di un’architettura nativamente multimodale, dove testo, codice, audio, video e immagini condividono lo stesso spazio vettoriale fin dal pre-training.
In questo articolo, dissezioniamo le specifiche tecniche rilasciate nel Technical Report di novembre 2025 per capire se siamo davvero di fronte a un salto verso l’AGI o “solo” a un’ottimizzazione ingegneristica estrema.

Architettura: Il trionfo dello Sparse Mixture-of-Experts (MoE)

Il cuore pulsante di Gemini 3 abbandona definitivamente l’approccio denso monolitico.
Il modello si basa su un’architettura Sparse Mixture-of-Experts (MoE) altamente ottimizzata.
Cosa significa in termini computazionali? Invece di attivare tutti i miliardi di parametri per ogni singola inferenza (token), il sistema attiva solo una frazione di “esperti” specializzati (il routing network decide quali).

Questo permette due vantaggi critici:

  • Efficienza di Inferenza: Nonostante una finestra di contesto massiva (1 milione di token standard), la latenza rimane gestibile perché il costo computazionale non cresce linearmente con la dimensione totale del modello.

  • Specializzazione Granulare: Alcuni “esperti” neurali si specializzano nella sintassi del codice Python, altri nella comprensione spaziale dei video, altri ancora nella logica deduttiva.

 “Deep Think”: L’istituzionalizzazione del System 2

La novità più rilevante per la comunità scientifica è l’introduzione della modalità Deep Think.
Fino a ieri, il Chain-of-Thought (CoT) era una tecnica di prompting: chiedevamo noi al modello di “pensare passo dopo passo”.
In Gemini 3, il CoT è internalizzato nel processo di inferenza. Il modello dedica budget computazionale (tempo e token nascosti) per pianificare, verificare e auto-correggere la risposta prima di generare l’output finale.

È l’applicazione computazionale della teoria di Daniel Kahneman:

  • Gemini 3 Pro (Standard): Opera come il Sistema 1 (veloce, intuitivo).

  • Gemini 3 Deep Think: Opera come il Sistema 2 (lento, analitico, logico).

I benchmark su Humanity’s Last Exam (37.5% senza tool) e GPQA Diamond (91.9%) confermano che questo approccio riduce drasticamente le allucinazioni logiche, superando i modelli rivali come GPT-5.1 che eccellono nella fluidità conversazionale ma faticano nel long-horizon reasoning.

Oltre il Testo: La Multimodalità non è più un plugin

La vera rivoluzione architetturale è la gestione dell’input. Nei modelli precedenti (es. GPT-4V), la visione era spesso gestita da moduli separati “incollati” al modello linguistico.
Gemini 3 elabora un video di 45 minuti o una codebase di 100 file come token nativi nello stesso transformer stack.

Questo abilita il cosiddetto Cross-Modal Reasoning: il modello non “descrive il video a se stesso” per poi analizzarlo; comprende la dinamica temporale del video direttamente.
Le implicazioni per la robotica e l’analisi scientifica sono enormi: un’AI che può leggere un oscilloscopio in tempo reale (video) e correggere il codice di controllo (testo) senza perdita di segnale nella traduzione tra modalità.

L’Era Agentica: Google Antigravity

Infine, l’analisi non può ignorare l’ecosistema. Con Google Antigravity, DeepMind sposta il focus dalla chat all’esecuzione.
Gemini 3 è progettato per essere un motore per agenti autonomi. I punteggi su SWE-bench Verified (76.2%) mostrano che il modello non è solo un generatore di codice, ma un debugger autonomo capace di navigare repository complesse, capire le dipendenze tra file e proporre fix architetturali, non solo sintattici.

Conclusioni

Gemini 3 non è il modello più “simpatico” o “chiacchierone” sul mercato (titolo che forse spetta ancora ai modelli OpenAI focalizzati sulla User Experience).
È però, dati alla mano, il modello con la più alta densità cognitiva per token.
Rappresenta il momento in cui l’AI smette di essere un software che simula di aver capito, e inizia a essere un sistema che impiega tempo per capire.

Per i CTO e i ricercatori, il messaggio è chiaro: l’era del “prompt engineering” sta finendo. Inizia l’era del “context engineering”, dove la capacità di fornire al modello i dati giusti (video, log, documenti) conta più di come glieli chiediamo.

Fonti e Riferimenti Tecnici:

Google DeepMind (Nov 2025) – “Gemini 3 Technical Report”.

Shazeer et al. – “Fast Transformer Decoding: One Write-Head is All You Need” (Base teorica per ottimizzazioni MoE).

LMArena Leaderboard (2025) – Dati comparativi Elo Rating (Gemini 3 vs GPT-5.1).

Kahneman, D. “Thinking, Fast and Slow”.

Continua

Francesco Giuseppe Morabito

Solutions Architect con background in Ingegneria Informatica e un approccio multidisciplinare che integra sviluppo, UX design, analisi dati e visione strategica. Nel mio percorso professionale a Roma e Milano, ho evoluto le mie competenze partendo dallo sviluppo software fino ad abbracciare la progettazione di ecosistemi digitali complessi. Questa crescita mi ha consentito di sviluppare una visione olistica che unisce aspetti tecnici, estetici e strategici. Ho condiviso le mie competenze come relatore e docente in diverse istituzioni pubbliche e private. Attualmente sono docente di Media Design allo IED di Roma e presso Scuole di formazione private.
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