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Startup studio o venture builder, le nuove fabbriche di innovazione

A settembre 2021 è stata annunciata a Torino la nascita di Vento, “il primo startup studio non-profit italiano che aiuta i giovani a creare da zero aziende disruptive”. Ma cosa sono gli startup studio? Come funzionano? E perché sono interessanti per il settore?

Non solo incubatori

Rispetto ai tradizionali incubatori e acceleratori, all’interno dei quali giovani aziende vengono accompagnate e sostenute nello sviluppo e nella crescita delle proprie idee innovative, gli “startup studio”, o “venture builder”, sono caratterizzati da un diverso approccio: il punto di partenza, nel loro caso, non è l’idea della singola startup, bensì l’analisi del mercato e delle sue tendenze più promettenti; in base a questa analisi, uno startup studio crea il proprio portafoglio di giovani società innovative, ponendosi come generatore di nuovo business, una sorta di “fabbrica di startup”.

Lo startup studio, o venture builder, parte da una domanda del mercato, anche latente, a cui dare risposta. Da lì, mette su, da zero, la sua squadra, costituita da startup di qualità e a basso rischio che lavoreranno su un numero selezionato di progetti. Un modello incentrato sulla scalabilità veloce, adeguatamente studiato e pianificato, volto ad una rapida e proficua immissione sul mercato.

Gli startup studio nel mondo

A livello internazionale, negli ultimi anni il numero di startup studio è cresciuto in modo esponenziale. Ad oggi ne esistono circa 600 in tutto il mondo. Il tasso di successo delle giovani società al loro interno, si aggirerebbe, secondo i report realizzati da Gssn nel 2020 e Studiohub nel 2021 – le due principali community internazionali del settore – tra il 35% ed il 70% del totale. Mentre le startup ‘tradizionali’, secondo Forbes, fallirebbero nel 90% dei casi.

Capostipite di questo modello di sviluppo imprenditoriale è stata la californiana Idealab, guidata da Bill Gross, che dalla metà degli Anni ’90 ha dato vita a oltre 150 startup e 47 exit, di cui 35 Ipo in Borsa.

Cosa accade in Italia

Gli startup studio si stanno diffondendo anche in Italia, spesso messi su da ‘startupper seriali’: imprenditori e manager che nel tempo hanno collezionato esperienze, conoscenze, capacità operative e di sviluppo, e anche errori; perché, si sa, anche (e a volte, soprattutto) sbagliando si impara.

Tra i protagonisti del settore, nel nostro paese, figurano Nana bianca (a Firenze), Startup Bakery (Milano), Wda (Web digital advisor, a Roma), Kitzanos (Cagliari), Broxlab (Potenza), Cantieri Digital MedTech (italo-tedesca), e altri ancora.

La strategia più comune punta a far crescere la società per poi guadagnare con la sua Exit. “Partendo da un bisogno e da una domanda del mercato, e non dall’idea di qualcuno, aumenta la probabilità che la startup abbia effettivamente successo – rileva Alessandra Luksch, direttrice degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence del Politecnico di Milano – Questo approccio, meno visionario ma più concreto e analitico è tale per cui un venture builder crea nuove startup con un tasso di successo maggiore rispetto alle altre: si può passare da percentuali di successo di una su dieci, a numeri che raddoppiano e a volte triplicano questa media”.

Barbara Tangari

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Barbara Tangari

Iscritta all’Albo speciale degli Avvocati abilitati innanzi alle giurisdizioni superiori. Il suo obiettivo è guidare e consigliare i propri clienti, per riporre al sicuro le proprie idee di business che potranno un giorno diventare idee di capitali.
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