
Impossible Brands, la moda alla prova dei post
Prendi un prodotto che ancora non esiste, modificalo, provalo, condividilo e guarda che succede: se avrà ottenuto un buon numero di like, probabilmente presto lo vedrai sfilare per le strade e nelle vetrine di negozi reali e virtuali.
Reale e Virtuale. Appunto: sono due delle parole chiave che meglio si accostano alla startup Impossible Brands. La terza parola è Social.
Il progetto, nato dall’unione delle idee e delle competenze di Alessandro Botteon, Anastasiia Masiutkina D’Ambrosio ed Edoardo Di Luzio (con il background tecnologico di Alessandro, l’esperienza nella moda di Anastasiia e l’orientamento strategico-economico di Edoardo), lancia la sua personale sfida (e soluzione) al mondo della moda: la linea più bella del mondo? Per vedere la luce dovrà superare la prova dei post.
Dal virtuale al reale
L’idea di Impossible Brands è quella di testare virtualmente la validità e soprattutto la vendibilità di un prodotto o di un brand, valutando il livello di gradimento degli stessi attraverso l’osservazione del comportamento e delle interazioni degli utenti.
Come funziona
On line si può trovare la versione digitale di un indumento o un accessorio non ancora in produzione (jeans, scarpe, occhiali, borse…); attraverso l’intelligenza artificiale e alcuni particolari filtri, si può provare il capo, adattarlo ai propri gusti, scegliere colori, forme, texture, e poi scattarsi una foto da condividere sui social, oppure scaricare, a fronte di un contributo, un’immagine realistica in cui sembra effettivamente di indossare l’accessorio in questione.
«Ma non finisce qui – spiega Alessandro Botteon, co-founder della startup – dopo che abbiamo valutato il tasso di gradimento delle persone attraverso l’engagment e lo sharing, capendo quanto e come hanno provato gli oggetti virtuali di un’ipotetica collezione reale, produciamo davvero la linea: per cui andremo a finalizzare solo quei capi o quegli accessori che sappiamo aver già riscontrato un certo successo e che sono piaciuti di più, almeno on line».
In questo modo è nato il marchio di borse di alta gamma disegnato da Anastasiia Masiutkina D’Ambrosio AMA-Bags, primo brand dell’azienda: «Una vera esperienza figital – sottolineano dalla startup – come si dice, a metà tra il fisco e il digitale ed è quello che ci differenzia da una digital company: noi abbiamo una rete di professionisti che va dal grafic designer all’artigiano, capace di realizzare il prodotto».
Ottimizzazione delle risorse e sostenibilità
A dare il via al progetto, spiega Edoardo Di Luzio, è stata l’idea di ottimizzare le risorse; non solo economiche, ma anche e soprattutto ambientali:
«Oggi – sottolinea Di Luzio – sul suolo americano, ogni abitante butta 37 chili di vestiti ogni anno, 92 miliardi di tonnellate di vestiti nel mondo. L’industria della moda è il secondo settore per il consumo di acqua ed è responsabile del 10% di tutte le emissioni di anidride carbonica causate dall’essere umano. Così ci siamo concentrati sulla sostenibilità di processo, prima ancora che su quella dei materiali, che pure non manca. La produzione è completamente made in Italy e anche per questo evitiamo grandi spostamenti dal punto di vista logistico».
In una innovativa visione di una «moda a due velocità», quella rapidissima che corre sui social e quella più ponderata che mira a produzioni di altissima gamma, i tre giovani imprenditori puntano sulla scalabilità del progetto: «Per ora pensiamo a marchi di nostra proprietà, ma non è escluso che presto non si apra anche a designer esterni che vogliano prima testare il loro prodotto – spiegano – Nella prima metà del 2021 lanceremo il nostro secondo brand (saranno occhiali da sole) e nei prossimi quattro anni abbiamo già nel cassetto altri sei marchi, pronti a decollare. Ogni brand è un’isola a sé, con un sito, una campagna marketing sua, un suo target: diciamo che Impossible Brands è l’umbrella company che raccoglie storie differenti».