Denis Bachetti. La sua è una pittura ad olio su tele di medio-grandi dimensioni -solitamente 190×160 cm o 110×80-. Prende le mosse da istanze verosimilmente definibili come tese al raggiungimento di una certa pacata liricità astratta attraverso una pittura fluida e repentinamente gestuale al contempo; votata prevalentemente a toni celebrali lenti e calibrati, a note melliflue piuttosto che a caratterizzazioni tonali vivide e sferzanti. Nutre una morbosa ammirazione per De kooning o Arshile Gorky tra gli actionpainters americani come per Cy twombly o William Baziotes, o i nostri Licini -suo grande conterraneo- ed Afro Basaldella, Alberto Gianquinto e pochi altri maestri.
1) Da dove nasce la pittura di Denis Bachetti?
La mia pittura nasce dal ricordo, dalla presa a carico del significato supposto del fluire del tempo sulla cosa umana e si palesa nella scarna iconografia di un mondo ulteriore fissato nella coscienza attraverso il ricordo, la suggestione della memoria storica del soggetto, la fonetica della parola cui apetta l arduo compito di designarlo e certificarlo.
2) Cosa, di un tuo dipinto, mette meglio a fuoco la tua personalità artistica?
La sua semantica così scarna ed indecorosa fatta di segni fragili e scalfiti, innocenti e precari come indica il titolo del ciclo espositivo iniziato a giugno di quest anno e che si concluderà nel 2017
3) Quali messaggi è possibile leggervi? I tuoi colori esprimono anche stati d’animo?
Credo che i titoli indichino al fruitore la strada da battere, benchè privi di una controparte figurale o talora incomprensibili essi possano instradarlo ed accompagnarlo.I colori sono fortemente evocativi e predispongono ad una tale escursione.
4) In genere, che impressione cerchi di suscitare in chi osserva i tuoi dipinti?
Cerco di risvegliare le coscienze gridando a gran voce che ciascuno di noi debba necessariamente recuperare il significato intimo e segreto della cose del mondo siano esse un oggetto, un concetto, una evenienza; interiorizzare e riformulare le cose del mondo secondo un ordine tutto personale: pensiamo al nomignolo puffoso che attribuiamo al nostro compagno/a: ebbene esso nella sua apparente semplicità è la risultante eufonica di varie componenti come il ricordo la memoria e l’ emozione.
5) Una valutazione critica della tua pittura?
Pacata liricità astratta sembra esserne una definizione pertinente.
6) Qualche tuo padre spirituale?
Gli uomini tutti per avermi passato quella palla di fuoco che chiamo arte e per avermi fornito gli strumenti per comprenderla e coltivarla; Willem De Kooning, Arshile Gorky, Osvaldo Licini, Cy Twombly, Alberto Gianquinto per aver affinato il mio gusto pittorico.
7) Che cosa significa essere pittore oggi ?
Se onesto il pittore di oggi è cosciente di condurre una vita entusiasmante alla ricerca forsennata e appassionata della propria matrice pittorica, se farabutto invece essere pittore è pari a vendere e moltiplicare financo firmando le opere fatte da altri nel pantano colloso e la disperazione tipici di chi sa di essere già morto in qualche modo.
8) Quale è stato per te il riconoscimento più grande finora e le tue aspirazioni per il futuro
Lo sguardo di approvazione di Rocco Sambenedetto, artista e confidente e l’avallo di Paolo Bolpagni, Silvia Moretta e di Vincenzo Centorame. Nella più felice delle ipotesi prevedo per il futuro di strapparmi di dosso la vanità, quella cotenna così frivola e confortevole che fa dell uomo moderno un furetto da relegare in giardino.
Gabriele Ferrieri
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